Autore Compositore: Domenico Gaeta

Donne che…

 

Donne sole sui marciapiedi

nella notte a guardare la luna.

Donne fragili a cercare il senso

di una vita che ti ferisce.

Donne ai margini dimenticate,

donne nella disperazione.

Le promesse dimenticate

ogni vento porta paura.

Lettere scritte nelle ombre

la fantasia per volare via

le loro storie di catene e buio

ascoltate da raccontare.

Donne sole nei corridoi freddi

donne perse a cercare l’uscita

donne ribelli contro il muro

nella violenza di un mondo perso.

Donne che non sanno rassegnarsi

donne con una lacrima nascosta

donne e un cuore che non si piega

nel silenzio la forza resta.

Lettere scritte nelle ombre

la fantasia per volare via

le loro storie di catene e buio

ascoltate da raccontare.

Donne che trovano la loro voce

donne che non si sono arrese

donne che parlano con coraggio

di speranza e di libertà.

Giorni duri passano piano

quanta rabbia tra le rovine.

Il ricordo che non si ferma

il racconto che non si spegne.

Lettere scritte nelle ombre

la fantasia per volare via

le loro storie di catene e buio

ascoltate da raccontare.

Il racconto che non si spegne,

che non si spegne…

Lettere dimenticate

 

Lettera scritta nel buio

mani tremano piano

frasi disperse nel vuoto

domande mai ascoltate.

Giorni solo di paura

scrivo per non impazzire

speranze come stelle cadenti

che nessuno mai vedrà.

Dove sono le mie parole

chi sentirà il mio grido

oltre queste sbarre fredde

c’è un mondo che non vedo.

Voci ribelli dimenticate

gridano al cielo in silenzio

inchiostro sulle dita stanche

lettere mai troveranno risposta.

Braccia che stringono forte

dolore e docce gelate

silenzi persi a capire

parole ormai soffocate.

Muri sporchi di violenza 

sogni ormai soffocati

gabbie di pensieri rotti

figure senza volto.

Dove sono le mie parole

chi sentirà il mio grido

oltre queste sbarre fredde

c’è un mondo che non vedo.

Voci ribelli dimenticate

gridano al cielo in silenzio

inchiostro sulle dita stanche

lettere mai troveranno risposta.

Lettere mai troveranno risposta.

Il suo nome è Ida

 

Il suo nome è Ida, si era illusa

in quella follia che la circonda.

Per un amore impossibile

da gridare inutilmente

le hanno detto con forza

è tempo di tacere

le hanno detto con forza

è tempo di tacere.

l suo nome è Ida, privata di tutto

anche di suo figlio

reclusa, ferita e soffocata.

Allontanata dal mondo

tra mura fredde gelate

relegata con forza

di notte in manicomio

relegata con forza

di notte in manicomio.

Il suo nome è Ida, moglie rinnegata

non si era mai arresa

senza paura di nessuno.

Sempre ribelle e anche decisa

sapeva ciò che diceva

le hanno detto con forza

la verità non va gridata

le hanno detto con forza

la verità non va gridata.

Il suo nome è Ida, abbandonata

donna troppo difficile.

La dignità le è stata tolta

le sue lettere sulla neve

inutilmente scriveva

le hanno chiuso la bocca

e il senso alla sua vita

le hanno chiuso la bocca

e il senso alla sua vita.

Le hanno detto con forza

è tempo di tacere.

Relegata con forza

di notte in manicomio.

Le hanno detto con forza

la verità non va gridata.

Le hanno chiuso la bocca

e il senso alla mia vita.

Il suo nome è Ida, si era illusa

fino a perdere la vita.

Nina e la sua capra

 

Nina e la sua capra, saltellavano nei campi,

la sentivi cantare e raccontare

di questo tempo malato di violenza,

e di quello lì, proprio quello lì,

con la testa pelata e il grugno sui denti.

Nina si divertiva, di nascosto nelle chiese

ci portava ridendo la sua capra

che si mangiava felice tutti i fiori.

Grave scandalo, e che scandalo

La denuncia in paese: questa è troppo sfacciata.

Un errore di donna,

troppo libera e strana,

da curare con la forza.

L’inganno violento di una cella gelata

cancellando tutti i pensieri.

I ricordi bruciati, le sevizie subite

il silenzio che ferisce,

la mente si piega, tradimento e spavento

una lacrima ferma, sola.       

Nina era come il vento,

dava senso al suo capire

sempre più lontana dalle regole,

con lo sguardo a seguire il tempo e i sogni.

Forse per timore, o forse chissà,

una figlia perduta da nascondere alla gente.

Qualcuno ha visto Nina,

si nasconde tra le foglie

la sua vita consumata e soffocata

l’innocenza, gli occhi delle sue paure

i ricordi persi dentro i suoi tormenti,

una storia passata da dimenticare in fretta.

Ma mi piace pensarla, inseguita da un prete

mentre scappa dalla chiesa,

con la sua capra con i fiori tra i denti.

Si, mi piace pensarla così.

E mi piace pensarla, con il suo coraggio

di parlare e denunciare

quel tempo malato, malato di violenza.

Si, mi piace pensarla così.

Si, mi piace pensarla così.

Il grido silenzioso

   

La notte è ancora senza stelle

il pianto scorre sulla pelle

la voce chiusa nel dolore

cerca l’uscita dal terrore.

In questa stanza senza sole

il vuoto dentro le parole

ombre che danzano sul muro

fanno paura di sicuro.

Ma un grido silenzioso sale

nel cuore un’onda colossale

lascia la follia dietro le mura

libera l’anima dalla paura.

La mano aperta verso il cielo

cerca un momento senza gelo

frammenti di sogni diversi

nel manicomio giorni persi.

Disperazione e labbra spente

fuoco che brucia nella mente.

Ogni domanda sulla vita

lascia profonda una ferita.

Ma un grido silenzioso sale

nel cuore un’onda colossale

lascia la follia dietro le mura

libera l’anima dalla paura.

Ma la sua forza non si spezza

questo momento è la salvezza,

rinasce come un falco in volo

libera dall’oscuro suolo,

libera dall’oscuro suolo,

libera dall’oscuro…

 

Il figlio nascosto

 

Una donna sola

occhi pieni di paura.

Dietro sbarre scure

la sua voce spezzata.

Suppliche mandate

inutilmente.

Cuore infranto e perso

sogni nella nebbia.

Urla nel silenzio

nessuno la sente.

Anima prigioniera

nel buio rimane.

Un figlio nascosto

perso nel dolore.

Lacrime invisibili

gridano perdute.

Braccia tese al cielo

parole senza suono

speranze spezzate

dolore immutato.

Mani sulla bocca

ombre di violenza

disperata notte

vita che si ferma.

Urla nel silenzio

nessuno la sente.

Anima prigioniera

nel buio rimane.

Un figlio nascosto

perso nel dolore.

Lacrime invisibili

gridano perdute.

Un figlio nascosto

perso nel dolore,

disperata notte

vita che si ferma.

Anima sola

 

Dentro queste mura fredde

sento il gelo dell’estate,

la mia mente si allontana

la mia anima si spegne

Preghiere che non sento più

gli angeli mi hanno lasciata.

Ogni giorno sembra uguale

la mia speranza è rubata.

Anima sola grida forte

liberati dalle catene

piango lacrime nascoste

in questo vuoto mi perdo.

Cerco il cielo e un po’ di vento

il sole non mi scalda più,

in queste ombre mi confondo

in questo buio mi pento.

Sento canti da lontano

ma non posso unir la voce.

Mi tormenta questa vita

che nessuno capisce.

Anima sola grida forte

liberati dalle catene

piango lacrime nascoste

in questo vuoto mi perdo.

Cerco il cielo e un po’ di vento

il sole non mi scalda più,

in queste ombre mi confondo

in questo buio mi pento.

Quando il cielo è caduto

 

Le piaceva passeggiare di notte, 

guardare attenta i colori del cielo.

Capire il tempo respirando l’aria

e il vento con i suoi profumi.

Le piaceva bagnarsi nel fiume,

senza vestiti, senza vergogna.

Sentire l’acqua sulla pelle nuda

e il sole ad asciugarla piano

Le piaceva baciare Marco,

le sue carezze, il suo respiro.

Credere insieme a un altro mondo,

senza il male di questo tempo.

Ma il permesso di vivere

il potere violento lo vieta.

Donna esuberante e ribelle

da punire e ricondurre all’ordine.

Arrivarono in dieci gridando

con tutta la rabbia possibile.

Vestiti di nero, in mano i bastoni,

colpirono Marco senza fermarsi.

Poi la presero uno alla volta

il coltello puntato alla gola.

Il dolore che toglie il respiro,

l’odore di terra e di sangue.

Quando il cielo è caduto

il suo nome ha scordato,

smarrita nella paura,

tremante nell’angoscia.

Da allora guarda nel vuoto

la stanza di un manicomio,

il pavimento di pietra,

rinchiusa ad opprimere la mente.

Ma poi tutto passa e cambia

guarda la notte, gioca nel fiume

e Marco, appoggiato a un bastone

con inciso dieci segni rossi:

dieci sorrisi per il nostro coraggio,

dieci lamenti per la nostra vendetta,

dieci sorrisi per il nostro coraggio,

dieci lamenti per la nostra vendetta.

Il ritratto di lei

 

E forse cadrà la pioggia

prima che venga giorno

da questo cielo invecchiato

sicuramente cadrà.

Quegli occhi segnati dal tempo,

ritratti sopra una foto

sono il racconto riflesso, che parla di lei…

Viveva nel buio, sperava nel sole

le sue lacrime nascoste dietro un sorriso.

Lui le mentiva, soltanto violenza

notte dopo notte le ha rotto il cuore.

Un giorno ha ceduto, l’angoscia che pesa

e il mondo l’ha rinchiusa in una gabbia.

Le ali spezzate lo sguardo nel vuoto

lontana da tutto, dimenticata.

Lei voleva volare via,

sognava una vita nuova.

Ma il dolore era profondo

in un mondo che ferisce.

Ma resto ad ascoltare,

la pioggia fine che arriva

porta lontano i pensieri,

la sua figura vicino.

Quegli occhi segnati dal tempo

così distanti dal mondo difficili da capire

ma facili da guardare.

Privata di tutto, i pugni sul muro

nessuno ad ascoltarti, ricordi andati.

Sospesa nel tempo nella stanza chiusa,

nel suono del silenzio sogni svaniti.

Viveva nel buio, sperava nel sole

le sue lacrime nascoste dietro un sorriso.

Lui le mentiva, soltanto violenza

notte dopo notte le ha rotto il cuore.

Lei voleva volare via,

sognava una vita nuova.

Ma il dolore era profondo

in un mondo che ferisce.

Lei voleva volare via,

sognava una vita nuova.

Ma il dolore era profondo

in un mondo che ferisce.

Non basta nemmeno la pioggia

a cancellare il suo sguardo,

quegli occhi di cielo sereno

non dimenticherò.

La madre coraggiosa

 

Nella notte scura

solo lei cammina

cerca disperata

prigioniero suo figlio.

Coraggiosa grida

la verità diffonde

l’arroganza e le violenze

non saranno più nascoste.

In manicomio la rinchiudono

voce forte che denuncia

ma non puoi spegnerla mai

la madre coraggiosa.

Mura fredde intorno

cuore che non cede

continua la lotta

anche se chiusa nel buio.

Decisa lei resiste

la speranza non muore 

ogni giorno un passo

verso un mondo libero.

In manicomio la rinchiudono

voce forte che denuncia

ma non puoi spegnerla mai

la madre coraggiosa.

Comincia la guerra

le macerie intorno

rompe le catene

con la forza e con la rabbia.

Ritrova finalmente

suo figlio e la sua vita

questo è il giorno giusto

per un mondo libero.

Dal manicomio ha preso il volo

voce forte che denuncia

ma non puoi spegnerla mai

la madre coraggiosa.

A Camille Claudel

 

Quante lettere, quante lettere

di parole chiuse nella polvere del tempo,

quante lettere, quante lettere

scritte nel dolore di una cella buia e fredda.

Ha modellato il tempo,

il valzer di un momento,

quel movimento forte tra

lo spazio e la natura,

ridando senso alla materia.

Rimane l’illusione

di una speranza vuota

e l’abbandono che non sa

quanta passione persa

in questo chiudere la porta.

Quante lettere, quante lettere

di parole chiuse nella polvere del tempo,

quante lettere, quante lettere

scritte nel dolore di una cella buia e fredda.

Vita tra le sue mani,

come un rumore lieve,

si perde nella pioggia e il vento.

Il gioco del destino

di un tempo che non sa capire.

Crudele decisione

di una famiglia spenta

che non accetta scandali,

rinchiusa in manicomio,

l’arte di lei messa a tacere.

Quante lettere, quante lettere

di parole chiuse nella polvere del tempo,

quante lettere, quante lettere

scritte nel dolore di una cella buia e fredda.

Di una cella buia e fredda.

La forza di ricominciare

 

Strana mattina

di mani sugli occhi

lo specchio riflette il suo tempo,

lo sguardo distante

a cercare una meta

un senso che aiuti a capire.

Strana mattina

di nuvole piene

di un fuoco che brucia da dentro,

le tante certezze disperse dal niente

un attimo e tutto che cambia.

Forse non c'è giorno migliore

per fermarsi alla prima stazione.

Forse non ne vale la pena

di pensare che esiste una strada.

Forse non ci sono parole

per la forza di ricominciare.

Forse questo è il giorno del tempo

il giorno del tempo che cambia.

Strana mattina

di fiori appassiti

stoviglie lasciate a lavare,

la giusta tristezza

che placa la rabbia

il fumo di una sigaretta.

Strana mattina

eppure risplende

la luce attraversa la stanza,

c'è gente che passa

si sentono voci…

Cammina per strada serena.

Forse non c'è giorno migliore

per fermarsi alla prima stazione.

Forse non ne vale la pena

di pensare che esiste una strada.

Forse non ci sono parole

per la forza di ricominciare.

Forse questo è il giorno del tempo

il giorno del tempo che cambia.

Forse questo è il giorno del tempo

il giorno del tempo che cambia.

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